inControscena – “Cercles/Fictions” di Joël Pommerat

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inControscena – “Cercles/Fictions” di Joël Pommerat

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Sedersi in un’arena circolare, avvertire un’atmosfera rarefatta. Tutto attorno è scuro, nero. Senza tempo. Il pavimento è rivestito da una moquette nera, fitta e densa, che solleva da terra, come in sospensione, tutti quelli che lo attraversano. Una voce si alza, proviene dai diffusori ben celati nel cielo nero di questo luogo indefinito, ci avverte di staccare la spina con il mondo esterno, di spegnere quegli oggetti infernali che scandiscono le nostre esistenze: i cellulari. E ci avverte che per tutto il tempo che dovremo trascorrere in questo luogo, non potremo uscire, non potremo disturbare. Il buio totale, il nero più assoluto avvolge la nostra vista, e i nostri sensi come per magia si aprono alla percezione dell’evento che sta per cominciare.

Una voce narrante rompe il muro del silenzio e inizia a raccontarci una storia, forse due. Anzi no, tante storie. Sì, tantissime storie ad intreccio, anzi circolari, proprio circolari, che trascinano, che fanno fluttuare lo spettatore da un’epoca all’altra, dal medioevo ad oggi, passando per conflitti mondiali, cavalieri con armature e quant’altro una fantasia ricca possa concepire. Compiamo un viaggio tra sogno e realtà che ha il sapore delle storie universali shakespeariane, e che ha il retrogusto pastoso e a volte amaro della contemporaneità. Tutto questo e molto altro è “Cercles/Fictions”, di Joël Pommerat (1963), autore e drammaturgo di punta del teatro francese contemporaneo. Pommerat è stato definito dalla critica e non solo un mago ed alchimista della scena, un po’ per la sua grande capacità di mescolare alto e basso, raffinatezza drammaturgica, inventiva nell’intreccio delle storie e allo stesso la grande maestria nel creare e costruire i personaggi. “Circles/Fictions” (riproposto dal Thèàtre de L’Odéon di Parigi, nel bellissimo spazio periferico degli Ateliers Berthier, dal 23 maggio al 3 giugno) è una storia molto particolare che racchiude in sé la vita di differenti famiglie nel corso di varie epoche. Ha una costruzione circolare, un alternarsi di episodi, di momenti di vita che succedono non rispettando una scansione cronologica, ma emotiva. Un vero e proprio ‘scarrellamento’ di attimi di vita, un buio luce che apre alla vista una volta una riunione di famiglia, un’altra volta un seduta psicanalitica, un’altra volta ancora un cavaliere con il suo cavallo a dimensione naturale. Ma in Pommerat trova spazio anche un aspetto più metafisico della scrittura teatrale. Una figura chiave della sua drammaturgia è la presenza pressoché costante del narratore, a volte fisicamente in scena, altre volte soltanto una voce narrante, interprete della volontà dell’autore, vale a dire mostrare più che spiegare, riflettere e porre domande filosofiche sulla vita, sulla morte, sull’esistenza, sul nostro esserci. In “Cercles/Fictions” si aggiungono due altri aspetti: la circolarità del dispositivo scenico e una riflessione sul concetto di finzione (Fictions). Il primo aspetto è il frutto di un suggerimento che Peter Brook fa a Pommerat, probabilmente negli anni in cui lo chiama come autore in residenza: lavorare sulla molteplicità dei punti di vista del pubblico. Eric Soyer (suo scenografo prediletto) e Pommerat immaginano, dunque, la chiusura del cerchio della gradinata dello spazio magico di Brook (Bouffes du Nord) definendo un’arena circolare che permetta al pubblico di osservare da tutti i punti di vista l’azione che si svolge sulla scena. Il superamento del solo punto di vista frontale a favore dei molteplicità delle visioni è una condizione che permette al creatore di dedicarsi ai dettagli, di lavorare in totale libertà.

 

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Il secondo aspetto di “Cercles/Fictions” è la finzione: «Si pone la questione della finzione in generale, questa problematica è senza dubbio legata alla precedente (la circolarità, ndr)… tutti i personaggi di questa pièce, ad eccezione di uno solo, sono veri, autentici, tutte le situazioni di questa pièce sono autentiche». Una riflessione sulla finzione e una sua predilezione per la verità, le verità, non assolute si badi bene, ma le verità della vita, concrete, come le storie, le passioni, le difficoltà dei personaggi. Tutto quello che racconta, tutto quello di cui Pommerat parla in Cercles è vero; i personaggi sono vissuti realmente. Tutto quello che egli racconta avviene in un tempo preciso, concreto, ed è l’andare al di là delle cose stesse, delle apparenze, che Pommerat cerca. Egli scrive: «Ciò che mi interessa è ciò che riesce a rivelare altro da sé, delle realtà nascoste, celate, tutto ciò che c’è in profondità». E per tirar fuori ciò che è velato, profondo, nascosto, il metodo di lavoro di Pommerat è articolato in diversi momenti, alcuni di scrittura, molti altri di improvvisazione con la sua equipe di attori, che chiama ad improvvisare su tematiche, problematiche, contrasti, spesso in più riprese, per poter avere il giusto materiale per scrivere, nello stesso luogo di sempre, la sua drammaturgia. Le pause tra una sessione di lavoro ed un’altra sono fondamentali, per lasciar sedimentare questa materia che plasma lentamente con sapienza artigiana e che ha nel concetto teatrale e filosofico della ‘presenza’ la sua materia costituente.

Gli attori, compagni di viaggio fondamentali nel suo lavoro di scrittura, si confrontano con spezzoni di frasi, di dialoghi, di scene, e iniziano ad intravedere i personaggi, li calzano, li vivono lì sul palco, lasciandosi guidare dall’immaginazione viva di Pommerat, che via via suggerisce loro come muoversi. Nel frattempo lui è lì, pronto a fotografare, a segnare sulla carta l’improvvisazione, per poi elaborarla la notte stessa o l’indomani mattina, e poterla così completare e dare subito agli attori per andare avanti nella scrittura scenica. Il copione si costruisce giorno per giorno, una scrittura di corpi che è anche scrittura di parole, la cui versione definitiva vedrà la luce soltanto all’ultima replica, quando ciascun attore avrà diligentemente annotato sulla sua parte tutte le correzioni, i cambiamenti. Il suo è un metodo vivo che pulsa, che dà al suo fare teatro un ritmo di vita. Un teatro dove l’elemento più importante è la presenza, dunque. Un concetto ai bordi della filosofia. Presenza come categoria capace di ridare il senso delle sue storie, delle sue scelte registiche, della sua particolare visione apparentemente minimalista della scena, dove al centro c’è l’attore, con il suo corpo, la sua parola.Ma ha un ulteriore peculiarità il teatro di Pommerat: essere leggibile trasversalmente da tutte le classi sociali, lasciarsi andare a momenti “pop” e allo stesso tempo avere un ritmo che è quello del respiro. Forse tutto sta nella sua ricerca dell’essenzialità. E sapete perché è tanto affascinante sedersi nell’arena circolare e lasciarsi andare anche ai profumi di “Cercles” (c’è anche una ricerca olfattiva di prezioso interesse)? Perché è bello sedersi e vivere uno spettacolo capace di usare diversi linguaggi, senza mai alzare i toni e cadere nei cliché della violenza e dell’ ‘energia’ a volte isterica…

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Dove: Théàtre de L’Odéon www.theatre-odeon.fr


 

CERCLES /FICTIONS by & directed by Joël Pommerat /May 23d – June 3d, 2012/Ateliers Berthier / 17e

Scenography & Lights : Éric Soyer

Costumes : Isabelle Deffin

Sound : François Leymarie

Music : Grégoire Leymarie & Antonin Leymarie

With Jacob Ahrend, Saadia Bentaïeb, Agnès Berthon, Gilbert Beugniot, Serge Larivière, Frédéric Laurent, Ruth Olaizola, Dominique Tack

production Compagnie Louis Brouillard

coproduction Théâtre National de Bruxelles, CNCDC de Châteauvallon, Espace Malraux scène nationale de Chambéry et de la Savoie, Comédie de Béthune, Centre Dramatique Régional Nord Pas-de-Calais, Théâtre Brétigny, Scène conventionnée du Val d’Orge, Théâtre d’Arras, Maison de la Culture d’Amiens, Le Fanal, Scène nationale de Saint-Nazaire

Created on January 26th, 2010, at the Théâtre des Bouffes du Nord

photo credits: Elisabeth-Carecchio


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