World Architecture Festival torna per il quarto anno con una super giuria di altissimo livello

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World Architecture Festival torna per il quarto anno con una super giuria di altissimo livello

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World Architecture Festival (WAF), più grande del mondo, in diretta, inclusivo ed

interattivo evento architettura globale, sta tornando a Barcellona per il suo quarto

anno consecutivo. E gli organizzatori hanno presentato oggi la super-giuria, che esprimerà

il loro voto sulla costruzione World of the Year Awards WAF, che hanno luogo durante il

Festival.Quest’anno la super-giuria è composta Michael Sorkin, preside di Michael Sorkin Studio

di New York,Ben van Berkel, Co-fondatore di UNStudio, Rotterdam, Jo Noero, Principal di Noero

Architetti Wolff, Città del Capo, Odile Decq, Principal di ODBC, Parigi , e il professor

Kongjian Yu, direttore della Turenscape, Pechino,vincitore per la categoria in doppio dei

precedenti premi WAF.

WAF è un evento chiave nel calendario mondiale architettonico dopo l’evento inaugurale nel

2008,e da allora ha attirato più di 5.000 delegati provenienti da tutto il mondo.

Noto come una delle più grandi città del mondo per l’architettura, Barcellona, ospiterà

nuovamente il WAF,che quest’anno si svolge dal 2 al 4 novembre 2011. Il Festival prevede

un ricco programma di presentazioni, seminari, mostre e discorsi di apertura da parte dei

partecipanti internazionali, e un concorso per studenti.

Per ulteriori informazioni visitate il link: www.worldarchitecturefestival.com

Un plastico architettonico, bianco, su un piedistallo in ferro grezzo che si solleva da un puzzle di disegni ed appunti che tappezzano il pavimento…Stiamo visitando l’installazione estemporanea presso lo studio di Roberto Forte e Andrea Guardo, ZERO Architetti, a Catania. Realizzata in occasione dell’ArchitectsParty, il format itinerante dell’aperitivo negli studi degli architetti d’Italia giunto anche a Catania lo scorso Settembre, il “profumo di un progetto” racconta il mondo delle idee e dei progetti di questi due professionisti girovaghi in gioventù, più stanziali adesso, ma sempre con la mente e gli occhi rivolti al mondo che li circonda. Il “profumo di un progetto” nasce da quel percorso di ricerca “in itinere” che ZERO Architetti sta sviluppando ragionando sul progetto per Piazza San Leone. La proposta di ZERO Architetti per la riqualificazione della piazza San Leone, a Catania, è risultata vincitrice del concorso internazionale “Piazze botaniche: Recupero di cinque piazze cittadine” bandito dall’Amministrazione Comunale nel 2005. La piazza sorge all’interno del quartiere San Leone-Rapisardi, popolosa municipalità del capoluogo Etneo che si è sviluppata a partire dagli anni Cinquanta per accogliere gli abitanti del vecchio San Berillo prima della sua demolizione. Per quanto appaia essere uno spazio “di risulta” all’interno del denso impianto urbano, la piazza in realtà è una cerniera tra poli attrattori della zona: la parrocchia San Leone, il costruendo Centro Civico e il campetto da calcio. Secondo ZERO Architetti, il ridisegno della piazza mette in discussione l’idea attuale di luogo pubblico con alberi ed aiuole proponendo invece un’architettura che nelle parole dei progettisti è “…uno spazio circoscritto ma senza soffitto, che adattandosi alla topografia del suolo, si serve di questa peculiarità come tema attraverso il quale declinare il programma funzionale”. Le differenze di quota tra gli elementi funzionali del programma connotano già di per se uno spazio pubblico che si moltiplica in “piani di vita” a diversi livelli. Lo sviluppo del progetto definitivo della Piazza ha spinto i professionisti a confrontarsi nuovamente con questo territorio. Ad alcuni anni dalla prima stesura della proposta concorsuale la lettura del contesto, delle problematiche sociali identitarie e culturali del quartiere si amplia ed arricchisce di nuovi contributi, riflessioni sul ruolo, le aspettative, che questo spazio pubblico è chiamato a soddisfare. Il progetto, infatti, pone l’attenzione sui diversi aspetti socio-culturali, sull’importanza del vissuto quotidiano, sulla necessità di un nuovo spazio ed un simbolo per la collettività. In questo percorso ZERO Architetti ha chiamato a raccolta altre professionalità che lavorano sullo spazio e sulle emozioni in modo diverso. Con lo chef Carmelo Chiaramonte, ed il fotografo Salvatore Gozzo, il progetto per la piazza è diventato un LABORATORIO SAN LEONE, un luogo ideale di ragionamenti e sperimentazioni dove i “sensi” vengono coinvolti ad interagire tra loro e con l’architettura per contribuire a prefigurare l’identità di una comunità anche attraverso il disegno di uno spazio pubblico.”La mancanza di un carattere – dicono Roberto Forte e Andrea Guardo – né botanico né urbano, ci ha spinti a lavorare secondo un’idea di spazio pubblico a partire da una condizione che riunisse tanto una componente naturale – così caratterizzante come quella del vuoto inedificato e delle sciare affioranti – quanto una componente prettamente urbana ed una artistica legata alle discipline plastiche…”. C’è da augurarsi che la riqualificazione di Piazza San Leone diventi occasione per cambiare il quartiere attraverso l’apporto di un nuovo imprinting culturale offerto dall’arte. Del resto l’arte sembra sempre più spesso assumere un ruolo cruciale nel delineare e caratterizzare il paesaggio periferico della città contemporanea. L’arte pubblica in Francia, per esempio, è un dispositivo già ampiamente utilizzato in interventi di riqualificazione urbana e sociale, basti pensare ai conosciuti banlieu parigini. Attraverso l’arte si può dare un senso al concetto di “paesaggio urbano” inteso come laboratorio per sperimentare forme di collaborazione interdisciplinare. Sull’identità e sul concetto di “appropriazione” degli spazi del quartiere ha lavorato Salvatore Gozzo (www.salvatoregozzo.com) effettuando una lettura critica dell’area “alle spalle” della Piazza. L’intenzione non è quella di raccontare la piazza in sé, il suo degrado, le sue potenzialità nascoste, quanto di documentare cosa accade alle spalle della piazza stessa, ai margini delle strade, tra gli edifici. Qual è il vissuto del quartiere che si sveglia alle prime luci dell’alba, quali riflessioni emergono dalle sfumature di questi margini “urbani”, quali le “abitudini” di occupazione dello spazio, quali i legittimi interrogativi che si legano al progetto “puntuale”.Carmelo Chiaramonte ha immagazzinato i profumi che abitano il quartiere e come questi confluiscono tra loro e si incontrano nello spazio aperto della piazza. Sono odori acri, di asfalto bruciato, di terra e vento, ma anche di melanzane fritte e domesticità, odori sacri di incenso.”Il cuciniere che viaggia sa che dove c’è il cibo, lì c’è la gente e la vita e si muovono insieme, tutti e tre. Le forme di questo tipo di danza essenziale sono molte, una per ogni comunità. Ognuno di noi odora e così pure la tavolozza dei regali della natura da masticare. Ma cosa c’entra l’architettura col cibo e viceversa. Quando si rinnova una piazza bisogna chiudere gli occhi per vedere che brusio l’avvolgerà. Quale profumo vorrà emanare. E quali sorrisi accompagnare nello struscio di una domenica o nel silenzio di un lunedì notte…”Una prima risposta è nella tavolozza di odori e sapori che il gruppo ha presentato in occasione di ArchitectsParty. Sono profumi e sapori che si legano al progetto ed a questo percorso di approfondimento all’interno del quartiere San Leone. Per poter passeggiare nella Piazza restaurata, assaporarne i profumi, i colori, i sorrisi dei volti dei suoi abitanti dovremo ancora aspettare qualche tempo. A.G.

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