di Fabiana D’Urso
L’Italia cosmopolita ed interculturale. Una città come Milano e un sito molto particolare la Zona 2, centro d’interscambio tra diverse etnie e un luogo La Grande Fabbrica delle Parole, un laboratorio gratuito permanente di scrittura per bambini in età scolare. Nata sull’esempio internazionale del progetto inaugurato nel 2002 a S. Francisco da Dave Eggers, 826 Valencia, La Grande Fabbrica delle Parole percorre un binario a doppio senso e pieno di fermate gratuite nel mondo della cultura per i ragazzi. Scrittori, creativi, poeti, illustratori di fama internazionale o semplicemente geni di quartiere volontariamente danno il loro quotidiano contributo per condividere la passione per l’arte con i più piccoli (target 6/11 anni).
Si fanno chiamare volontari e trovo che questo sia a dir poco entusiasmante, e se lo si guarda in una prospettiva di crescita nazionale come continua consapevolezza di fare del bene alla mente delle nuove generazioni, allora non c’è miglior esempio da seguire. Stessa storia, stesso viaggio intrapreso su altri due fronti (oltre alle sette città statunitensi che hanno fatto da seguito allo start di S. Francisco) sono il centro di Dublino Fighting Words e il Ministry Stories nel Regno Unito. Per l’Italia la responsabile è Francesca Frediani alla quale ho chiesto: Quanto è importante la libertà d’espressione per un bambino di oggi? Per rispondere a questa domanda vorrei partire da una storia tratta dal libro La Grande Fabbrica delle Parole, da cui il nostro laboratorio ha preso il nome e la cornice di senso. Immaginate un paese in cui le parole non sono a disposizione di tutti, ma vengono fabbricate e comperate solo da chi se le può permettere. Chi non ha i soldi per comprarle fruga nella spazzatura, ma più che “carabattole” o “fichi secchi” non trova. Oppure c’è chi, munito di retino da farfalle, tenta di acchiappare quelle che sfuggono e volteggiano per aria nelle giornate di vento. Se sei un bambino come fai a dichiarare il tuo amore alla piccola vicina di casa quando hai solo tre parole e non sono quelle giuste? Come in tutte le favole, anche in questa è contenuta una verità profonda: non tutti i bambini hanno a disposizione le parole per potersi esprimere. Pensate ad esempio a chi arriva da un altro Paese e si trova ad abitare una lingua che non è la sua. Le parole per giocare, per fare amicizia, per raccontarsi nella propria lingua madre diventano straniere, ci sono vocaboli nuovi e sconosciuti con cui confrontarsi per poter giocare e raccontare ancora. Ma non necessariamente bisogna essere stranieri per trovarsi in questa situazione: credo sia accaduto a tutti, da bambini, di non saper dire i propri disagi, i propri desideri, i propri sogni. Per questo vorrei fare un passo indietro e parlare di diritto all’espressione, che è stato sancito dalla Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia e che della libertà di espressione costituisce il presupposto.
A La Grande Fabbrica delle Parole cerchiamo di far comprendere ai bambini che la parola, in particolare quella scritta, è un territorio ospitale, non ostile, che può essere esplorato giocando, e che diventa a sua volta strumento di esplorazione di sé e del mondo. Come suggeriva Gianni Rodari, al laboratorio sospendiamo l’errore. Che poi, etimologicamente,ha la stessa radice di “errare”. Tramite una metodologia inclusiva cerchiamo di creare le condizioni perché le parole della nostra lingua diventino patrimonio di tutti i bambini, nessuno escluso.
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