L’abito che abito

L’abito che abito

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L’abito che abito
a cura di Floriana Spanò
18 dicembre 2017 ore 18
E-Campus via Principe di Belmonte 105.

Abitare è sentirsi a casa, accolti in uno spazio che ci conosce, tra oggetti che raccontano il nostro passato, caricato di significati che esulano dalla loro pura oggettività permettendo al nostro corpo di sentirsi ospitato in un ambiente a lui familiare ed intimo.
Abitando il corpo facciamo esperienza della sua verità scoprendo attraverso la percezione dei nostri sensi la sua dimensione reale ed illusoria.
L’insieme delle nostre esperienze ci aiuta a comporre un ordine dei ricordi che interviene nel riconoscimento delle cose poiché conoscere è ricordare. È solo abitandolo e frequentandolo che il mondo nasce nella sua giusta forma, giusta secondo il nostro modo di vederla, poiché realizzata attraverso la nostra quotidiana esperienza. Se posso conoscere il mondo abitandolo con il corpo, scoprendo la corretta forma delle sue cose, allora il mondo e le sue cose inviano informazioni sul mio corpo.
Il corpo che vive il mondo diventa veicolo della mia presenza su di esso e la sua percezione ci consente di valutare in che modo orientarci esprimendo la nostra personalità attraverso indumenti che lo ricoprono, carichi di significati semiotici, che fanno capo ad un background sia di esperienze personali che acquisite.
L’abito diventa espressione della nostra personalità ma anche di una collettività che in esso riconosce dei riferimenti antropologici e sociologici. L’abito diventa il corpo ed il corpo l’abito. D’altra parte se è vero che l’abito ricopre il corpo, è anche vero che contemporaneamente è l’elemento che ne esalta le sue caratteristiche e le sue forme attraverso il tessuto utilizzato, il trucco e gli accessori.
Il tessuto svolge infatti un ruolo fondamentale poiché sottolinea le sue curve tramite tagli e cuciture particolari divenendo un mezzo di trasmissione delle informazioni del corpo e del suo Io. Esso manifesta i nostri dati interiori attraverso linee, pieghe, colore, elementi tattili e può diventare specchio riflesso della nostra società in base al suo utilizzo. La funzione dell’abito diventa duplice in un’ottica in cui esalta e copre il corpo, ma anche ambiguo e bifronte svolgendo contemporaneamente funzioni opposte. L’abito pur mantenendo un’identità di genere definita, grazie al modo in cui l’individuo si rapporta allo stesso, modifica in maniera del tutto personale le caratteristiche di categoria lasciando solo il significato basilare di elemento di protezione dagli elementi esterni. Osservando il mondo della moda capiamo ciò che succede nel campo artistico. Le ricerche del costume e del mercato dei nuovi designers non si limita più a coprire semplicemente il corpo ma dettano nuove tendenze “artistiche” composte da forme, materiali, colori ed elementi di supporto esterno che si avvicinano spesso a vere e proprie opere d’arte, installazioni e nel caso delle sfilate a quasi vere performance dal vivo.
D’altra parte è vero che numerosi artisti utilizzano il tessuto come materia prima delle loro opere con processi di costruzione o decostruzione.
Il confine quindi tra moda ed arte diventa in quest’ottica esile e complementare trovando l’uno nell’altro un valido supporto al fruitore che facilmente ne apprezza la produzione.