“Israel Galvan, il nuovo flamenco”.

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“Israel Galvan, il nuovo flamenco”.

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C’è chi nasce in una famiglia e ne respira le abitudini, le passioni. C’è chi appena nato assorbe come una spugna ciò che vive; se questo accade ad un figlio di una famiglia d’arte, l’esito può essere dei più sorprendenti e interessanti. È il caso di Israel Galvan, danzatore e coreografo spagnolo, tra i più importanti e prestigiosi della nuova scena iberica. Nato a Sevilla nel ’73, Galvan è figlio di una famiglia di ballerini di flamenco andalusi. Del flamenco ha vissuto la tradizione e respirato l’anima. A cinque anni appena compiuti, vive l’atmosfera delle feste, del “tablao” e delle scuole di ballo tradizionali, impadronendosi della tradizione. Ma la sua grande passione per la danza si rafforza e si compie pienamente a partire dagli anni 90. Nel 94 entra a far parte della Compañía Andaluza de Danza diretta da Mario Maya, cominciando così un percorso scandito dalla vittoria di numerosi premi. Sino a ricevere nel 2005 il premio nazionale della danza da parte del Ministero della Cultura, per la sua capacità di generare (oserei dire rigenerare) in un’arte come il flamenco una nuova creatività. Il suo percorso artistico lo ha visto collaborare con numerosi coreografi e artisti internazionali, tra i quali: Enrique Morente, Manuel Soler e Mario Maya, Sol Picó, Pat Metheny, Vicente Amigo, Alfredo Lagos, Manuela Carrasco, Lagartija Nick, Fernando Terremoto, Miguel Poveda, Diego Carrasco, Gerardo Nuñez, Belen Maya, Chicuelo, Joan Albert Amargós, Diego Amador, Arcángel, Inés Bacán, Estrella Morente…

Nel 1998 il suo primo spettacolo prodotto dalla sua compagnia, ¡MIRA! / LOS ZAPATOS ROJOS, poi un cresendo via via sino a diventare primo danzatore-coreografo spagnolo in residenza al Théâtre de la Ville di Parigi, tempio della danza contemporanea mondiale. Ed è proprio a Parigi che debutta nel 2007 “Solo”, un particolare progetto di rilettura della danza flamenca, una riflessione personalissima e intensa senza musica, né alcun ornamento, che dopo il debutto alla “Cinémathèque de la Danse” nel 2007, viene presentato a New York, nel 2008, e per la biennale d’arte contemporanea di San Paolo in Brasile.

“Solo” è stato recentemente proposto al festival “Dies de Dansa” a Barcelona (vedi articolo del 16 luglio), in due spazi diversi: il cortile del Cccb (centro per le arti contemporanee di Catalunya) e un piccolo atrio del museo Picasso. In questo “Solo” Galvan esprime tutta la sua immaginifica presenza scenica; è al centro del palco, statuario, si muove per gesti semplici, plasticamente raffiguranti un’iconografia classica del flamenco. Un gesto severo e rigoroso che si muove nel e dal silenzio, facendo da prologo ad una partitura musicale, fatta dal ritmo scandito dai tacchi e dalle dita che percuotono rispettivamene le tavole della scena e il suo corpo, generando un’onda continua che scivola tra musica, fatta anche da suoi respiri, e gesto danzato.

C’è una sottile traccia d’ironia nella creazione, che lega citazioni di un flamenco più classico alla ricerca rigorosa e contemporanea di una purificazione del gesto dalle incrostazioni del tempo. Una ricerca che raggiunge l’obiettivo di dare al flamenco una dignità come segno coreografico contemporaneo, capace di parlare la lingua della drammaturgia corporea propria del teatro-danza. Galvan è flamenco e allo stesso tempo non lo è, nella misura in cui si pensi al flamenco come ad un cliché. La sua è un’arte sopraffina, nuova, che però ha sapientemente mantenuto le radici nella tradizione, rigenerandola con una linfa nuova, vitale e indubbiamente molto colta. Il suo “Solo” è, infatti, un gustoso piatto per palati fini che amano viaggiare alla riscoperta di sapori antichi ormai persi. Ma la sua è, a pieno, danza contemporanea.

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